Del volto del Bambino Gesù, di quello stesso Gesù che un giorno ci mostrerà il volto della passione e della morte, carissimi tutti, sono arricchite le nostre chiese, ma soprattutto la nostra vita di uomini che vivono, soffrono, gioiscono, combattono e muoiono mentre cercano in quel volto un aiuto, una risposta, un qualche riferimento per orientarsi, per capire o almeno per non restare abbandonati di fronte alla solitudine e ai giorni del non senso, dei tanti e troppi perché.
I santi, uomini e donne autentici, essenziali, nudi nel loro parlare e nel loro offrirsi, schietti nel loro relazionarsi come chi è ritornato bambino: se non ritornerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli (cfr Mt 18,3), ci rammentano quel volto invitandoci a ritornare bambini, a sforzarsi di vivere questa infanzia perché non possiamo non farci di nuovo piccoli se vogliamo ripartire come si conviene.
Ripartire, dunque, rinascere, vivere lo stupore della vita nuova, quella novità del Natale che ci lascia stupiti e senza parole. L’etimologia della parola bambino, o meglio di infante, da IN per non e FANTEM da FARI aver l’uso della parola quindi chi non può e non vuol parlare, e così entriamo nel mistero del Santo Natale, del Dio fatto bambino, e perciò in quel silenzio – chi non parla crea silenzio – condizione e luogo privilegiati per accogliere e ascoltare la Parola, così come è avvenuto duemila anni fa e continua ogni giorno ad avvenire per fede nel cuore dei credenti: “Dum medium silentium tenerent omnia… – Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente, o Signore, venne dal tuo trono regale” (Ant. al Magn. 26 Dicembre).
David Maria Turoldo ha cantato questo silenzio e non me ne vogliate, ma merita di farci ascoltatori di questa composizione:
Mentre il silenzio fasciava la terra
E la notte era a metà del suo corso
Tu sei disceso Verbo di Dio
In solitudine e più alto silenzio
Fin da principio da sempre Tu sei
Verbo che crea e contiene ogni cosa
Verbo sostanza di tutto il creato
Verbo segreto di ogni parola
La creazione Ti grida in silenzio
La profezia da sempre ti annuncia
Ma il mistero ha ora una voce
Al Tuo vagito il silenzio è più fondo
E pure noi noi facciamo silenzio
Più che parole il silenzio lo canti
Il cuore ascolti quest’unico Verbo
Che ora ci parla con voce di uomo
A Te Gesù meraviglia del mondo
Dio che vive nel cuore dell’uomo
Dio nascosto in carne mortale
A Te l’amore che canta in silenzioCarissimi, il volto del Divino Bambino riempie, racconta e ci permettere di vivere nella verità il nostro Natale. Un volto silenzioso eppure oltremodo eloquente. Quel Bambino ci invita al silenzio per ritornare ad essere uomini e donne capaci nuovamente di parlare, non di fare rumore, baccano, caos dove nessuno può ascoltare, dove nessuno impara qualcosa, ma solo rumore, grandi ammucchiate di uomini e donne storditi e stanchi.
I mezzi di comunicazione troppo spesso ci deviano e ci disorientano; tristi commercianti di prodotti artefatti che non fanno crescere, ma come ogni sostanza tossica che si rispetti eccitano, illudono. Allucinogeni potenti che appena finito il loro effetto ci lasciano sfiniti e malconci ai bordi delle strade, anzi al lato dei vicoli ciechi della storia.
Dobbiamo lasciarci illuminare dalla Parola di Dio, accoglierla per raccoglierci e insieme, come Chiesa, divenire proposta, occasione affinché altri possono recuperare un confronto e così non dare per scontato quello che in modo tanto «naturale» e suadente viene loro propinato come conquista di una nuova civiltà e di un nuovo umanesimo più o meno disintegrato.
«Riscoprire la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa vuol dire anche riscoprire il senso del raccoglimento e della quiete interiore. La grande tradizione patristica ci insegna che i misteri di Cristo sono legati al silenzio e solo in esso la Parola può trovare dimora in noi, come è accaduto in Maria, inseparabilmente donna della Parola e del silenzio. Le nostre liturgie devono facilitare questo ascolto autentico: Verbo crescente, verba deficiunt Cfr S. Agostino, Sermo 288,5: PL 38,1307; Sermo 120,2: PL 38,677» (Verbum Domini, n. 66).
Carissimi, ritorniamo a farci bambini!
È più facile, nel clima delle feste natalizie, vivere una sorta di accorta ingenuità, ritrovare motivi di silenzio di fronte a questo Bambino e grazie a questo silenzio Lui può farsi Parola per noi, perché solo il silenzio ci permette di ascoltare. Un silenzio integrale: mente, cuore, anima e corpo. Un silenzio che dobbiamo chiedere al Signore. Lui solo può «toglierci la parola», ma non per ridurci al silenzio, questo significherebbe privarci della nostra dignità di uomini, ma toglierci la parola per uno stupore, per una meraviglia di cui siamo fatti spettatori, per un dono bello e grande e santo che ci mostra e ci offre.
Eppure, ieri come oggi si continua a ignorare questo dono immenso, non c’è posto per loro nell’albergo (cfr Lc 2,7). E ancora: «Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11).
Carissimi è sull’accoglienza che si gioca il nostro essere prima ancora che cristiani uomini in grado di crescere, di organizzare una convivenza pacifica, degna di essere vissuta e perciò capace di creare futuro.
Come il silenzio è condizione per accogliere ed ascoltare la Parola di Dio, così il fermarsi dinanzi all’altro, porsi in ascolto non solo di quello che ci dirà, ma anche di ciò che possiamo intuire, intravedere dell’altro ci permetterà di accoglierlo. Dunque fare silenzio, non giudicare, non evitare la fatica di porsi nei piedi dell’altro, in quello che sta soffrendo, nelle sue paure e angosce, nei suoi inconfessati fallimenti e ansiosi nascondimenti. Ma per accogliere l’altro dobbiamo accogliere Gesù. Il suo venire a noi, il suo farsi carne nel seno di Maria è un chiamarci per accoglierci, per stare con noi, per farci sentire di essere figli, per fugare la paura della vita e soprattutto la paura dell’altro.
Quella paura che ci rende sospettosi, acidi, gelosi e maldicenti. Spesso ci difendiamo dall’altro prima ancora di aver avvertito una qualche minaccia, un’aggressione, spesso siamo vittime di un’inutile paura, la paura antica, che si perde all’inizio dei tempi, che rende tetro il nostro volto: «Il Signore disse allora a Caino: “Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo”» (Gen 4,6-7).
Eppure a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio (cfr Gv 1,12) che si rivolgono a Lui chiamandolo Padre.
Accogliamolo, fatti figli di Dio saremo prossimo se non addirittura fratelli dell’uomo, di ogni uomo. Potremo ritessere nuove relazioni, rapporti, ricostruire famiglie, vivacizzare le nostre chiese. Le nazioni potranno ritornare ad incontrarsi per la pace, i popoli progetteranno di nuovo concordia e collaborazione per un nuovo benessere perché questo caratterizza i giorni di Dio che siamo chiamati a costruire e a godere: «Nei suoi giorni fiorirà la giustizia e abbonderà la pace, finché non si spenga la luna. E dominerà da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra» (Isaia 60, 7-8).
«Ecco il Vangelo che siamo chiamati a vivere: accogliere, essere esperti di umanità, accendere fuochi di tenerezza quando il freddo della vita incombe su coloro che soffrono.[…]Per custodirlo (questo fuoco), bisogna tornare all’essenza del cristianesimo: all’amore di Dio, motore della nostra gioia, che ci fa uscire e percorrere le strade del mondo; e all’accoglienza del prossimo, che è la nostra testimonianza più semplice e bella nel mondo» (FRANCESCO, Omelia, Santuario Nazionale di “Ta’ Pinu”, Gozo 2.IV.2022)..
A Maria, la donna dell’accoglienza, ci rivolgiamo in questo Santo Natale 2022. A Lei donna dell’attesa ancora una volta ci prostriamo, e sapendo della sua fede, del suo sì «da cui dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano» ( S. BERNARDO, Omelie sulla Madonna, Om. 4, 8-9; Opera omnia, ed. Cisterc. 4, 1966, 53-54), ci affidiamo come bambini svezzati in braccio alla loro Madre (cfr Salmo 130 [131]).
+ Carlo, vescovo
Santo Natale, 2022