E’ stata celebrata l’8 maggio – presso la concattedrale di sant’Antimo – la santa messa per la patrona della città di Piombino. Di seguito l’omelia del nostro vescovo Carlo (foto di Milco Tonin che ringraziamo).
IL PROGRAMMA DELLE CELEBRAZIONI QUI
Carissimi fratelli e sorelle,
abbiamo appena ascoltato dal salmo 124, uno dei salmi delle ascensioni, che la ricerca della forza di andare avanti, di chi vuol progredire ogni giorno, di chi non pensa più a quanto ha fatto ieri, ma a quanto deve fare oggi e così affrettarsi verso l’incontro con il Signore, non può che trovare la sua sorgente nel ricordo di quanto il Signore ha fatto per lui: «Se il Signore non fosse stato per noi, quando eravamo assaliti, allora ci avrebbero inghiottiti vivi […] Siamo stati liberati come un passero dal laccio dei cacciatori. Il nostro aiuto è nel nome del Signore: egli ha fatto cielo e terra».
Ed è così, che guardando indietro, i credenti, pellegrini nel tempo e nella storia, riconoscono l’intervento del Signore nella loro vita, ed in modo fortemente lirico, come raccogliamo da questi salmi – i salmi dei gradini, canticum graduum – vanno a raccontare, con il fiato rotto, la loro esperienza di chi è scampato a minacce mortali. Esperienze espresse con immagini quali il fuoco dell’ira, le acque impetuose che tolgono il respiro, l’assalto temibile di bestie feroci e quello improvviso dei cacciatori. Potremmo riassumere quanto detto con il grido di giubilo del salmo 66: «Siamo entrati nel fuoco e nell’acqua, ma infine il Signore ci ha fatto uscire». (Cfr L. MONTI, I Salmi: preghiera e vita, Qjqajon 2018, p.1445)
Carissimi è il ricordo del Dio con noi che dona ai martiri la forza della testimonianza, la forza di donare la propria vita. È il frutto maturo di un’esperienza, di una intimità con il Signore, di una conoscenza di Lui così profonda da poter affermare, come scrive Paolo ai Romani: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? […] Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?» (Rom 8, 31.35).
Sant’ Anastasia visse la sua vita come un pellegrinaggio segnato, quasi come pietre miliari, dalla persecuzione e dalla tribolazione, ma anche nell’esperienza di essere amata, da accogliere questo amore come un effluvio continuo che la rivestiva di fortezza fino a renderla capace di martirio.
Ella è andata dritta nella sua offerta sapendo di essere nelle mani di Colui che tutto conosce e tutto sa. Colui che conta i capelli del nostro capo.
Carissimi fratelli e sorelle, la nostra esperienza di peccato, di limite e di fragilità si intreccia, giorno dopo giorno, con momenti di martirio. Un martirio incruento, fatto di sudore della mente e del cuore, un martirio che costruisce i nostri giorni nell’amore di Cristo. Sembra difficile coniugare amore e martirio, eppure senza dolore e vorrei dire senza martirio non possiamo vivere nell’amore. Del resto quell’atto supremo di Cristo morto sulla croce è l’atto supremo del Suo amore. Come ricostruire i giorni dell’uomo sulla terra perché divengano storia bella, storia gioiosa, storia da essere vissuta se non nella fatica dell’amore?
Amore che è martirio, è mettere i nostri piedi sulle orme del Signore e chiederGli che ci aiuti, chiederGli che ci faccia comprendere la vera gioia. I nostri giorni hanno bisogno di essere ripensati e perciò vissuti nella luce e nella forza di questo amore.
Abbiamo bisogno di rifarci discepoli attenti di tanti nostri fratelli e sorelle: i santi e i martiri che oggi celebriamo. E perché li celebriamo se non per chiedere la loro preghiera, la loro in intercessione, per essere edificati e istruiti dal loro esempio? Il nostro tempo di guerre e di rumori di guerre, ci impone di interrogarci da chi dobbiamo andare a imparare a vivere la vita, a non buttarla via, a seminarla nel nostro quotidiano, nelle diverse situazioni che viviamo, come un seme prezioso che fruttifichi in giorni di pace, di verità, di gioia grande. Una gioia da offrire gli uni agli altri come dono che scende dall’alto. Il Signore crocifisso e risorto, re dei martiri, è il maestro buono e santo che ci istruisce, dunque che ci costruisce, ci plasma uomini nuovi per il mondo nuovo, per i tempi nuovi che noi attendiamo e ove riecheggia quella voce di cui abbiamo sentito nella prima lettura dal libro dell’apocalisse: «Io Giovanni udii una voce potente nel cielo che diceva: ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo perché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte, ma essi lo hanno vinto grazie al sangue dell’agnello» (Ap 12,10-11).
+ Carlo, vescovo