SANTA MESSA IN CATTEDRALE IL 22 FEBBRAIO ALLE ORE 17.00
Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo» (Mt 17,6-8)
Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2023
… non rifugiarsi in una religiosità fatta di eventi straordinari, di esperienze suggestive,
per paura di affrontare la realtà con le sue fatiche quotidiane,
le sue durezze e le sue contraddizioni.
La luce che Gesù mostra ai discepoli è un anticipo della gloria pasquale,
e verso quella bisogna andare, seguendo «Lui solo».
Carissimi fratelli e sorelle,
+ Carlo, vescovo
protesi verso la Pasqua vorrei entrare con voi nello spirito di questo cammino aiutati dalle parole di san Giovanni Crisostomo. Egli rivolgendosi al suo popolo all’inizio del digiuno quaresimale lo invitava a considerare e vivere questo tempo «quasi al ritorno di una primavera spirituale».
«Come al finir dell’inverno» – egli scrive – «torna la stagione estiva e il navigante trascina in mare la nave, il soldato ripulisce le armi e allena il cavallo per la lotta, l’agricoltore affila la falce, il viandante rinvigorito si accinge al lungo viaggio e l’atleta depone le vesti e si prepara alle gare; così anche noi, […] forbiamo le armi come i soldati, affiliamo la falce come gli agricoltori, e come nocchieri riassettiamo la nave del nostro spirito per affrontare i flutti delle assurde passioni, come viandanti riprendiamo il viaggio verso il cielo e come atleti ci prepariamo alla lotta con lo spogliamento di tutto» (Omelie al popolo antiocheno, 3).
È dunque un uscire dal nostro egoismo, è un invito a partire dalle nostre solitudini, soprattutto dalla nostra autosufficienza. È un cammino di liberazione e purificazione, una purificazione che consiste nel disintossicarci e così recuperare nuovamente il sapore vero e genuino delle cose per svincolarci dalle inutili e superflue e aggrapparci a ciò che conta. Come esortava San Bruno di Colonia, padre e fondatore dei certosini: «Fugitiva relinquere aeterna captare – abbandonare le realtà fuggevoli e afferrare le eterne».
Abbiamo la necessità di purificare cuore e mente per disintossicarci dunque dalla falsa conoscenza, dalla falsa sapienza e soprattutto dalla falsa carità attingendo e lasciandoci illuminare dalla Parola del Signore e dal suo Dono di grazia per contemplare l’opera di Dio con rinnovato stupore; non miopi e ingrati figli del caso, irresponsabili padroni del mondo, manipolatori degli uomini, capaci solo di svalorizzare l’altro sfruttandolo o peggio ancora usandolo e inibendolo, fino a farne una stupita comparsa delle nostre tragiche sceneggiate.
«L’ascesi quaresimale è un impegno, sempre animato dalla Grazia, per superare le nostre mancanze di fede e le resistenze a seguire Gesù sul cammino della croce. […] Per approfondire la nostra conoscenza del Maestro, per comprendere e accogliere fino in fondo il mistero della salvezza divina, realizzata nel dono totale di sé per amore, bisogna lasciarsi condurre da Lui in disparte e in alto, distaccandosi dalle mediocrità e dalle vanità. Bisogna mettersi in cammino, un cammino in salita, che richiede sforzo, sacrificio e concentrazione, come una escursione in montagna. Questi requisiti sono importanti anche per il cammino sinodale che, come Chiesa, ci siamo impegnati a realizzare. Ci farà bene riflettere su questa relazione che esiste tra l’ascesi quaresimale e l’esperienza sinodale» (FRANCESCO, Messaggio per la Quaresima 2023).
L’Eterno Padre che ci ha donato la vita, che ha creato i cieli e la terra dove ha posto noi uomini, non poteva lasciarci soli in questa avventura, non poteva lasciarci soli nel tempo del nostro pellegrinaggio, abbandonandoci alla nostra solitudine, ai nostri giorni difficili. Nel suo Figlio fatto uomo ci ha donato intelligenza per curare e guarire la nostra mediocrità e forza per soccorrere la nostra debolezza. La Parola fatta carne è divenuta per noi luce indefettibile per rimanere sulla strada di Dio che è la sola strada che l’uomo può percorrere per ritornare a Dio e a se stesso e ai fratelli.
La Quaresima è un tempo di ritorno: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e benigno, tardo all’ira e ricco di benevolenza e si impietosisce riguardo alla sventura» (Gioele, 2,12-13).
Come è bello questo stile di Dio, come ci riempie di speranza e gioia grande. Il nostro Dio è un Dio misericordioso e benigno, tardo all’ira e ricco di benevolenza, pietoso riguardo alla sventura.
Come riecheggia in maniera formidabile la parola del profeta Gioele in quanto papa Francesco ci disse nel suo discorso all’inizio del cammino sinodale: «Torniamo sempre allo stile di Dio: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Dio sempre ha operato così. Se noi non arriveremo a questa Chiesa della vicinanza con atteggiamenti di compassione e tenerezza, non saremo la Chiesa del Signore. E questo non solo a parole, ma con la presenza, così che si stabiliscano maggiori legami di amicizia con la società e il mondo: una Chiesa che non si separa dalla vita, ma si fa carico delle fragilità e delle povertà del nostro tempo, curando le ferite e risanando i cuori affranti con il balsamo di Dio. Non dimentichiamo lo stile di Dio che ci deve aiutare: vicinanza, compassione e tenerezza» (Discorso, Aula Nuova del Sinodo, 9.X.2021).
Sapendo bene che la misericordia non è una commedia che dissimula le offese e le ferite come se non esistessero: le ferite non vanno fasciate «senza prima curarle e medicarle», perché potrebbero infettarsi. È, come diceva papa Francesco, «la tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti progressisti e “liberalisti”» (Discorso a conclusione del III Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, il 18 ottobre 2014).
Iniziamo, dunque, con l’aiuto del Signore il nostro «ritornare a Lui con tutto il cuore».
Le tre pratiche fondamentali previste dalla Legge mosaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno; sono anche indicazioni tradizionali nel cammino quaresimale per rispondere all’invito di «ritornare a Dio con tutto il cuore». Un ritornare nella verità, non con pratiche e gesti di pura formalità, ma piuttosto tenendoci lontani dall’ipocrisia religiosa, dal comportamento che vuole apparire, dagli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione. «Il vero discepolo non serve se stesso o il “pubblico”, ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità: “E il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,4.6.18). La nostra testimonianza allora sarà sempre più incisiva quanto meno cercheremo la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto è Dio stesso, l’essere uniti a Lui, quaggiù, nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell’incontro faccia a faccia con Lui per sempre (cfr 1 Cor 13,12)» ( BENEDETTO XVI, Omelia, 13.II.2013).
Ecco la Quaresima, occasione preziosa per meditare e riflettere di come praticare la propria «giustizia».
Un realizzarla, attraverso l’elemosina, la preghiera e il digiuno, non per essere ammirati dagli uomini, ma solo sapendo di essere sotto lo sguardo di Dio, che «vede nel segreto» (cfr Mt 6,1-6.16-18). «La vera “ricompensa” non è l’ammirazione degli altri, ma l’amicizia con Dio e la grazia che ne deriva, una grazia che dona pace e forza di compiere il bene, di amare anche chi non lo merita, di perdonare chi ci ha offeso» (ibidem).
Bene ci esorta l’apostolo Paolo: «Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; […] passa la scena di questo mondo!» (1Cor 7,29.31).
Le due diverse formule che accompagnano l’imposizione delle ceneri ci invitano alla penitenza, convertitevi e credete al Vangelo, e al tempo stesso ci raccontano della nostra condizione umana, ricordati uomo che polvere e in polvere ritornerai. Entrambe ci invitano a stare con il Signore, a ritrovare in Lui il senso della nostra vita e soprattutto la realizzazione piena del nostro essere battezzati e perciò figli di Dio.
L’ispirazione battesimale, che siamo chiamati ogni anno a rivivere e che caratterizza tutta la Quaresima, è la condizione senza la quale non è possibile realizzare un fruttuoso itinerario verso la grande festa di Pasqua.
Si pensi che quando i Padri del IV secolo strutturarono la Quaresima nel suo contesto liturgico, pedagogico e catechistico, l’impostazione fu tipicamente battesimale.
«Dinanzi a Cristo, l’uomo è illuminato da una luce nuova, e per conseguenza riconosce sia la santità di Dio sia la malizia del peccato; attraverso la parola di Cristo gli viene trasmesso il messaggio che invita alla conversione e concede il perdono dei peccati, doni questi che egli pienamente consegue nel Battesimo. Tale sacramento, infatti, lo configura alla Passione, alla Morte e alla Risurrezione del Signore, e sotto il sigillo di questo mistero pone tutta la vita futura del battezzato» (SAN PAOLO VI, Cost. ap. Paenitemini).
Chiediamo a Dio, Padre Onnipotente, con le parole della Preghiera dopo la Comunione, che il «sacramento che abbiamo ricevuto […] ci sostenga nel cammino quaresimale, santifichi il nostro digiuno e lo renda efficace per la guarigione del nostro spirito».