Si è celebrata ieri, giovedì 25 aprile, presso il Santuario, la festa per la Madonna del Frassine. La santa messa celebrata in mattinata è stata presieduta dal nostro Vescovo Carlo
Fratelli e sorelle carissimi, eccoci a celebrare Nostra Signora del Frassine, giunti da diverse parti della nostra diocesi per continuare una tradizione antica: il venire ai piedi della Vergine Madre che noi invochiamo come Madonna delle Frassine per portarle quanto ci preme raccomandare al Signore, quanto desideriamo per noi e per quanti amiamo, affidando tutto alla sua intercessione. Mentre i nostri anni scorrono e si avvicina l’incontro con il Signore abbiamo bisogno di fondarci sempre più nella speranza, di attendere da lui misericordia e di essere da Lui consolati. Abbiamo sentito nella prima lettura che Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi, non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate.
Carissimi fratelli e sorelle viviamo un tempo che è come rubato all’uomo. Da giovinetto, forse dodicenne, fui colpito da quanto sentivo da tanti uomini reduci dalla seconda guerra mondiale, che avevano trascorso diversi anni della loro giovinezza lontano da casa a combattere e dicevano: ci hanno rubato la giovinezza, ci hanno rubato gli anni più belli della vita.
Oggi, carissimi, tanti popoli sono derubati del loro tempo; costretti a vivere tra cadaveri, rovine e mille altre tragedie. Invece di godere del tempo investendo in giorni belli per costruire e godere una vita gioiosa, la gioia della vita.
Mai come oggi è necessario per noi essere capaci di ascoltare la speranza, oggi noi vogliamo accogliere con tutte le nostre forze e il nostro desiderio quella parola appena ascoltata e che ci ripete: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
Carissimi è la novità di Dio che viene a noi, è la giovinezza di Dio che in Cristo è entrata nella storia, è entrata in un mondo vecchio. Facciamoci discepoli allora del Signore, rimettiamo al centro della nostra vita, come ha fatto Maria, la discepola per eccellenza, la parola del Signore, il Dio che salva e il Dio che consola.
Carissimi fratelli e sorelle, dobbiamo ritornare a quella scuola, abbiamo dimenticato forse perfino l’alfabeto del nostro essere cristiani e battezzati, e da questa ignoranza non siamo esenti neanche noi sacerdoti. Proprio noi preti, religiosi e religiose stiamo facendo troppe cose in solitudine, senza di Lui. Non siamo frequentatori e amici del Signore come si dovrebbe. Altre amicizie, altre frequentazioni ci totalizzano.
Maria, invece, gioisce nel Signore: l’abbiamo ascoltato nel salmo responsoriale, Maria sa di essere rivestita di salvezza, di giustizia, sa di essere amata. Come sposa adornata di gioielli come sposo che si cinge il diadema.
Ma non solo del nostro morire un giorno (sappiamo che un giorno tutti moriremo), ma soprattutto di quella realtà di morte che sta avvelenando i nostri giorni, una sorta di depressione che non ci fa amare la vita e soprattutto non ci fa più attendere nessuno. Non siamo più capaci di attendere. Non siamo più capaci di credere che qualcuno è per noi. Un ripiegamento mortale che è l’autosufficienza, il pensare che potremmo raccogliere solo quello che abbiamo seminato e che nessuno penserà a noi. E questa è già morte. E questa morte noi la dobbiamo vincere perché vincendo queste morti quotidiane noi iniziamo a sperimentare la risurrezione.
Quanti sepolcri nelle nostre città, nelle nostre case; e vediamo e tocchiamo con mano quante persone li abitano. Forse anche noi, senza accorgercene, viviamo come sepolti vivi dalle paure, dalle angosce, da pensieri che ci combattono, da false sicurezze che ci rendono aggressivi per poi farci subito precipitare in una profonda tristezza e in un ripensamento amaro. Accogliamo quell’annuncio antico e sempre nuovissimo: «Non temete, andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno».
Anche in questo mattino, come duemila anni fa, la comunità dei credenti si raduna con Maria, la Madre di Gesù. La Vergine Maria è qui con noi e perciò anche oggi, come allora, si raduna la chiesa per riascoltare la speranza, per trovare la forza di partire ancora. Verso dove? Verso il Signore perché ci restituisca la verità di noi stessi, ci dica che abbiamo bisogno di Lui e dei fratelli. Ci insegni ad essere grati a dire grazie di averlo incontrato, di sperimentare ogni giorno quell’uscire dal non senso, dal vuoto e dall’inquietudine a motivo del nostro peccato, quasi un uscire dalle sue mani sempre rinnovati e ricreati. Sia lodato Gesù Cristo
+ Carlo, vescovo