IL MESSAGGIO DI PAPA FRANCESO PER LA 109esima GIORNATA DEI MIGRANTI E DEI RIFUGIATI (CLICCCA QUI)
Foto Caritas Italiana
Migrante, scrive la Treccani, è colui che «migra, ovvero che si sposta verso nuove sedi. Si tratta di una parola che si può riferire non solo a popoli, gruppi etnici ma anche agli animali, in particolare agli uccelli».
La Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dal 1914. È sempre stata un’occasione per dimostrare la preoccupazione per le diverse categorie di persone vulnerabili in movimento, per pregare per loro mentre affrontano molte sfide, e per aumentare la consapevolezza sulle opportunità offerte dalla migrazione. Ogni anno la GMMR viene celebrata l’ultima domenica di settembre.
L’11 maggio 2023 il santo Padre ha pubblicato il suo messaggio annuale, dall’eloquente titolo «Liberi di scegliere se migrare o restare».
«I flussi migratori dei nostri giorni sono espressione di un fenomeno complesso e articolato, la cui comprensione esige l’analisi attenta di tutti gli aspetti che caratterizzano le diverse tappe dell’esperienza migratoria, dalla partenza all’arrivo, incluso un eventuale ritorno» scrive Francesco nel preambolo sottolineando la sua intenzione «di contribuire a tale sforzo di lettura della realtà». Al centro del suo pensiero «la libertà che dovrebbe sempre contraddistinguere la scelta di lasciare la propria terra». Il titolo del messaggio riprende una iniziativa di solidarietà promossa qualche anno fa dalla Conferenza Episcopale Italiana come risposta concreta alle sfide delle migrazioni contemporanee.LIBERI DI RESTARE
Francesco utilizza l’immagine della Sacra Famiglia per dettagliare il suo pensiero. Scrive così: «La fuga della Santa Famiglia in Egitto non è frutto di una scelta libera, come del resto non lo furono molte delle migrazioni che hanno segnato la storia del popolo d’Israele. Migrare dovrebbe essere sempre una scelta libera, ma di fatto in moltissimi casi, anche oggi, non lo è. Conflitti, disastri naturali, o più semplicemente l’impossibilità di vivere una vita degna e prospera nella propria terra di origine costringono milioni di persone a partire». Anche San Giovanni Paolo II affermava che «costruire condizioni concrete di pace, per quanto concerne i migranti e i rifugiati, significa impegnarsi seriamente a salvaguardare anzitutto il diritto a non emigrare, a vivere cioè in pace e dignità nella propria Patria» (Messaggio per la 90a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 2003).
«Persecuzioni, guerre, fenomeni atmosferici e miseria sono tra le cause più visibili delle migrazioni forzate contemporanee. I migranti scappano per povertà, per paura, per disperazione. Al fine di eliminare queste cause e porre così termine alle migrazioni forzate è necessario l’impegno comune di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità» prosegue Francesco che lancia un chiaro messaggio alla società contemporanea: «Un impegno che comincia col chiederci che cosa possiamo fare, ma anche cosa dobbiamo smettere di fare. Dobbiamo prodigarci per fermare la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune».
Una società odierna che si è allontanata «dall’ideale della prima comunità cristiana: per fare della migrazione una scelta davvero libera, bisogna sforzarsi di garantire a tutti un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale. Solo così si potrà offrire ad ognuno la possibilità di vivere dignitosamente e realizzarsi personalmente e come famiglia».
Per realizzare tutto ciò serve una cooperazione attiva, uno sguardo diretto verso il Bene Comune: «È chiaro – continua il Papa – che il compito principale spetta ai Paesi di origine e ai loro governanti, chiamati ad esercitare la buona politica, trasparente, onesta, lungimirante e al servizio di tutti, specialmente dei più vulnerabili. Essi però devono essere messi in condizione di fare questo, senza trovarsi depredati delle proprie risorse naturali e umane e senza ingerenze esterne tese a favorire gli interessi di pochi».E’ necessario uno sforzo congiunto dei singoli Paesi e della Comunità internazionale per assicurare a tutti il diritto a non dover emigrare, ossia la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra. Si tratta di un diritto non ancora codificato, ma di fondamentale importanza, la cui garanzia è da comprendersi come corresponsabilità di tutti gli Stati nei confronti di un bene comune che va oltre i confini nazionali. Infatti, poiché le risorse mondiali non sono illimitate, lo sviluppo dei Paesi economicamente più poveri dipende dalla capacità di condivisione che si riesce a generare tra tutti i Paesi. Fino a quando questo diritto non sarà garantito – e si tratta di un cammino lungo – saranno ancora in molti a dover partire per cercare una vita migliore».
LIBERI DI PARTIRE
da LA TRACCIA di Domenica 24 Settembre
Francesco chiede alla comunità cristiana (utilizzando le parole di Mt 25,35-36 “Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”) di «riconoscere nel migrante non solo un fratello o una sorella in difficoltà, ma Cristo stesso che bussa alla nostra porta».
«Mentre lavoriamo perché ogni migrazione possa essere frutto di una scelta libera» scrive, «siamo chiamati ad avere il massimo rispetto della dignità di ogni migrante; e ciò significa accompagnare e governare nel miglior modo possibile i flussi, costruendo ponti e non muri, ampliando i canali per una migrazione sicura e regolare. Ovunque decidiamo di costruire il nostro futuro, nel Paese dove siamo nati o altrove, l’importante è che lì ci sia sempre una comunità pronta ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare tutti, senza distinzione e senza lasciare fuori nessuno».
Nel messaggio il Papa non manca di ricordare sia il Cammino Sinodale che il Giubileo del 2025. Percorsi che «Come Chiesa ci portano a vedere nelle persone più vulnerabili – e tra questi molti migranti e rifugiati – dei compagni di viaggio speciali, da amare e curare come fratelli e sorelle. Solo camminando insieme potremo andare lontano e raggiungere la meta comune del nostro viaggio».