Condividiamo la riflessione del nostro vescovo Carlo, scritta in occasione della Festa del Santo Rosario e già pubblicata nelle pagine del settimanale diocesano, nell’edizione di Domenica 13 Ottobre
La festa di Nostra Signora del Santo Rosario ci racconta l’amore del popolo cristiano verso la Madre di Dio, la Madre di Gesù, la Benedetta fra tutte le donne, una benedizione a cui l’ha chiamata l’Eterno Padre e che noi ripetiamo incessantemente, perché le sue braccia accolgono e offrono il Cristo, il frutto benedetto del suo seno.
La Chiesa, mentre celebra Maria, contempla se stessa.
La vocazione della Chiesa, la fede della Chiesa, la missione della Chiesa, infatti, è quella di Maria. Perciò fermarci a celebrare Maria, è recuperare il perché della Chiesa, della sua presenza, e ringraziare per il dono di appartenere alla comunità dei credenti di cui Maria è la prima discepola, l’eletta da Dio stesso.
La festa della Madonna del Santo Rosario ci fa recuperare questa pia pratica, da sempre raccomandata dalla Chiesa, che ci guida e ci fa entrare in qualche modo nella vita di Cristo insieme a Maria.
I misteri del gaudio, della luce, del dolore e della gloria della vita di Gesù, che scandiscono la recita del santo Rosario, intercalati dalla preghiera dell’Ave Maria, ci accolgono e ci fanno spettatori della vicenda umana di Cristo di cui Maria condivise ogni attimo, ogni sentimento, come solo una madre che ama sa fare.
Con Maria siamo accanto al Signore, anche se sappiamo che è soprattutto il Signore che si fa accanto a noi, uomo tra gli uomini.
È Lui che ci insegna e ci rende capaci del buon combattimento, che segnò le diverse ore che scandirono la sua vita, e che in qualche modo scandiscono la vita di ogni cristiano.
È Lui l’amico, il compagno di viaggio che diviene la sorgente di luce, di forza, di intelligenza e vigore per non essere sopraffatti, vinti nei nostri giorni sulla terra.
La vittoria del cristiano nasce dal fatto che è stato educato, illuminato da Dio, da quella luce che gli permette di dare una risposta ai tanti perché del suo essere nel mondo, uscendo così da quell’oscurità che lo avvolge, dal non senso che sembra travolgere l’uomo del nostro tempo.
Anche la preghiera del Rosario ci pone una sorta di svelamento. Attraverso la meditazione dei misteri dell’Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione del Signore, noi troviamo una chiave di lettura, una possibilità di sapere di Dio e dell’uomo. Scrive San Bernardo: «Se Egli non fosse venuto in mezzo a noi, che idea si sarebbe potuta fare di Dio l’uomo, se non quello di un idolo, di fantasia? Sarebbe rimasto incomprensibile, inaccessibile, invisibile e del tutto inimmaginabile».
E sappiamo bene cosa significa immaginarci Dio come un idolo. I nostri giorni sanno bene la tragedia delle diverse idolatrie: la guerra che è nel mondo non è forse idolatria, illusione che l’uomo possa creare da solo una città stabile e pacifica? Non è idolatria per l’uomo pensare di vivere, senza la misura della carità di Dio, la giustizia nel mondo?
La Vergine Madre ci è maestra eccezionale perché ciascuno di noi si interroghi, si ponga in religioso ascolto della Parola di Dio.
Nel canto del Magnificat, infatti, Maria parla profeticamente per la Chiesa e per ciascuna anima, mettendo a nudo la “grande povertà della ricchezza di questo mondo”. Non si tratta però solo di qualcosa da “predicare”, ma da praticare perché il rovesciamento di cui parla deve avvenire anzitutto nell’intimo di chi prega il Magnificat per cui l’uomo è chiamato a non vivere per se stesso: Dio rovescia dal trono, mettendone a nudo la non-verità, l’uomo il cui Dio non è il Signore ma il proprio “io”. In questo senso la preghiera del Magnificat mette in guardia dalla tentazione di bramare le ricchezze ed è “una scuola di conversione continua”, uno specchio che se tenuto verso gli altri, come fece Archimede, incendia mentre rivolto verso sé stessi aiuta a vedere il proprio volto e a correggerne le brutture. (Cfr R. CANTALAMESSA, Conferenza Bellezza di Gesù È misericordia che salva il mondo, L’Aquila 24.VIII.2019)
Ecco la novità: entrare in una logica nuova, o meglio, uscire dal nostro egoismo, dal nostro ripiegamento su noi stessi. Un’orazione salmica di tradizione spagnola ci dice: «Noi ti cerchiamo, Signore, dona te stesso come vita della nostra anima», e poi in maniera formidabile continua: «esaudisci quanti non attendono nulla dalla propria giustizia». Ecco un invito per tutti noi: uscire dall’autosufficienza, da quel narcisismo che soffoca l’uomo e crea intorno a lui una sorta di asfissia, dove le relazioni non possono essere vivaci, ma sono relazioni nella miglior delle ipotesi agonizzanti, soffocanti fino a perdere il senso dell’essere autentico, direi umano.
Riascoltiamo: «Esaudisci quanti non attendono nulla dalla propria giustizia», condizione affinché, come continua la stessa orazione salmica, «siano riempiti dei tuoi doni, nutriti dal tuo essere protetti, dalla tua grazia». E rivolgendo tutto all’intorno gli occhi sull’umanità, la preghiera chiede al Signore: «Non disprezzare i prigionieri, i loro desideri sospirano verso di te, le loro anime aderiscono a te, le loro passioni ricercano te senza tregua».
Dunque, dobbiamo far sì che i nostri desideri sospirino verso Cristo. Oggi più che mai, chi ha delle responsabilità (pensate nella famiglia o a servizio della cosa pubblica o nella Chiesa), chi ha in qualche maniera responsabilità verso l’uomo, specialmente verso i fragili e vulnerabili, ha bisogno che i suoi desideri sospirino verso Dio, perché solo ciò che sospira verso Dio sospira anche verso l’uomo! Così, noi possiamo aderire a quanto il Signore ci ha detto di fare, di essere, e ricercare Lui e non qualcosa d’altro, perché Lui è premio a ogni ricerca e salario a ogni fatica.
Papa Francesco raccomanda spesso di recitare il Rosario: «Il Rosario è la preghiera che accompagna sempre la mia vita; è anche la preghiera dei semplici e dei santi […] è la preghiera del mio cuore». Il Rosario «è una sintesi della Divina misericordia».
7 Ottobre 2024
Festa della Madonna del Santo Rosario
Carlo, vescovo