Carissimi fratelli e sorelle,
un augurio di ogni bene e pace nel Signore.
Il Crocifisso Risorto ci chiama a non fuggire di fronte al dolore e alla sofferenza che è nel mondo, ma piuttosto a soccorrerla, a caricarsi delle situazioni di debolezza, di fragilità, di povertà che umiliano l’uomo e lo privano della sua dignità fino a renderlo disperato; una chiamata a seguire Cristo, a farsi suoi compagni, a restare con Lui, soprattutto, nell’ora oscura del dolore e della morte.
«La Chiesa ci propone un dialogo con questo mistero della croce, con questo Dio che si è fatto peccato, per amore a me. E ognuno di noi può dire: “Per amore a me”. [… ] È opportuno domandarci: “Come porto io la croce: come un ricordo? Quando faccio il segno della croce, sono consapevole di quello che faccio? Come porto io la croce: soltanto come un simbolo di appartenenza a un gruppo religioso? Come porto io la croce: come ornamento, come un gioiello con tante pietre preziose d’oro?”. Oppure “ho imparato a portarla sulle spalle, dove fa male?”» (Francesco, Omelia, 04.IV.2017).
Gli uomini dei nostri giorni si illudono di raccogliere frutti di pace, di vita e di poter vivere la carità vera senza la fatica, la sofferenza che Cristo ci ha indicato con la sua parola e la sua vita.
Il mistero pasquale, che è mistero di vita e di risurrezione, scaturisce dal Calvario: «Con la passione e la croce hai fatto entrare nella gloria della risurrezione il Cristo, tuo Figlio, e lo hai chiamato alla tua destra, re immortale dei secoli e Signore dell’universo» (Preghiera Eucaristica, V/a). Il nostro tempo, la storia che stiamo vivendo,
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