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La Giornata mondiale dei poveri è una delle iniziative nate dal Giubileo della Misericordia, affinché la Chiesa, attraverso le azioni tangibili delle comunità cristiane, diventi sempre più segno della carità di Cristo verso gli ultimi e i bisognosi. Questa giornata si propone di incoraggiare innanzitutto i fedeli a opporsi alla cultura dello scarto e dello spreco, abbracciando invece la cultura dell’incontro. Pubblichiamo, per l’occasione, il messaggio del nostro vescovo Carlo.
Scrive papa Francesco: «Dio conosce le sofferenze dei suoi figli, perché è un Padre attento e premuroso verso tutti. Come Padre, si prende cura di quelli che ne hanno più bisogno: i poveri, gli emarginati, i sofferenti, i dimenticati… Ma nessuno è escluso dal suo cuore, dal momento che, davanti a Lui, tutti siamo poveri e bisognosi. Tutti siamo mendicanti, perché senza Dio saremmo nulla. Non avremmo neppure la vita se Dio non ce l’avesse donata» (Messaggio in occasione della VIII GIORNATA MONDIALE DEI POVERI, 17.XI.2024, n. 4).
Credo che quanto ci ha detto il Papa – mentre ci chiama a riflettere sulla nostra povertà: «davanti a Lui tutti siamo poveri e bisognosi» – ci indichi una sorta di cammino per educarci e crescere in quella solidarietà umana e cristiana, che mentre apre la nostra vita a Dio, divenendo così veramente umana, si apre all’accoglienza dell’altro nella carità vera. Il santo Padre con questa traccia mi pare reclami la conoscenza attenta delle sofferenze dell’altro.
La conoscenza, infatti, apre al dialogo, apre a quel rapporto che giorno dopo giorno ci strappa a quell’essere estranei gli uni agli altri. E questo si impone fin dall’ambito familiare: la conoscenza dell’altro, per soccorrerlo e fargli sentire la nostra tenerezza, il nostro essere con lui e per lui, base dell’unità e dell’armonia di ogni relazione stabile.
Si pensi ai nostri Centri di ascolto, al bene che fanno a tante persone e come soccorrono sempre più e meglio le situazioni di indigenza delle nostre città, per capire come dobbiamo sempre partire dall’ascolto attento quale primo passo per entrare nella verità delle situazioni e così offrire una risposta esaustiva e concreta, a immagine di quel «Padre attento e premuroso verso tutti». Si tratta qui di un ascolto che apra al dialogo, che non si esaurisca in una risposta estemporanea, come spesso la frenesia della nostra quotidianità caratterizza anche i nostri rapporti familiari. Infatti nei luoghi delle relazioni più elementari, si verifica purtroppo un botta e risposta, che non favorisce mai l’inizio di un dialogo vero, mai un ascolto reciproco, ma piuttosto soliloqui contrabbandati per qualcosa d’altro, addirittura delle accademie stantie. In questa giornata dedicata ai poveri, ognuno di noi potrebbe domandarsi: come posso soccorrere la mia povertà? Come uscire dalla mia indigenza e superare le cause che l’hanno determinata? La mia povertà per guarire ha bisogno che incontri qualcuno che mi guardi con tenerezza, ma anche della volontà di accogliere quell’aiuto in un andare insieme, fino a quel superamento che mi rimetta in cammino. Solo così diveniamo capaci di sentire per l’altro, simpatizzare per l’altro: «…passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino.» (Lc 10, 33-34). Dobbiamo essere salvati, o meglio guariti dalla nostra povertà. Dunque abbiamo bisogno di essere liberati da noi stessi, dalle nostre miopie. Se ripensiamo alla storia delle tante persone che Gesù incontra, potremo notare che la sua accoglienza diviene occasione per aprirsi al dono della salvezza.
Scrive ancora il Papa: «Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri,in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 187). È evidente quanto sia aumentato oggi il numero dei poveri e delle nuove forme di povertà. Conflitti, i più impensabili, assurdi e atroci, che generano feriti e morti senza numero costringono masse di uomini e donne a fuggire dalle loro terre. Una follia terribile sta travolgendo le menti dei prepotenti di questo mondo! Come è attuale quanto veniva osservato oltre quarant’anni fa: «La nostra epoca ha visto nascere i sistemi totalitari e forme di tirannia, che non sarebbero stati possibili nell’epoca precedente al grande sviluppo tecnologico. Da una parte, la perfezione tecnica è stata applicata ai genocidi. D’altra parte, attraverso la pratica del terrorismo, che provoca la morte di tante persone innocenti, alcune minoranze cercano di tenere in scacco intere nazioni» (Istruzione LIBERTÀ CRISTIANA E LIBERAZIONE 22.III.1986, N. 14).
E quale lucida intuizione ebbe san Giovanni Paolo II quando scrisse: «Sarà necessario […] ridefinire le priorità e le scale di valori, in base alle quali si decidono le scelte economiche e politiche. Ingenti risorse possono essere rese disponibili col disarmo degli enormi apparati militari, […] adottando opportune misure contro il loro commercio. Ma soprattutto sarà necessario abbandonare la mentalità che considera i poveri – persone e popoli – come un fardello e come fastidiosi importuni […]. I poveri chiedono il diritto di partecipare al godimento dei beni materiali e di mettere a frutto la loro capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero. L’elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale, culturale ed anche economica dell’intera umanità» (Centesimus annus 1.IV.1991, n. 28).
Veramente, i malanni di sempre, soprattutto guerre e conflitti di ogni specie, non solo non prendono la via della guarigione, ma piuttosto si aggravano. Il Consiglio dei Diritti Umani dell’O.N.U ha più volte affermato, seppur con espressioni diverse, che «la povertà estrema e l’esclusione dalla società costituiscono violazione della dignità umana; conseguentemente, l’inclusione in programmi nazionali e internazionali di misure per eliminare la povertà e l’esclusione costituisce una priorità»: priorità nell’agenda della governance globale.
Considerando una tale affermazione, qual è la priorità per noi cristiani? Affrontare ogni forma di indigenza, in una sorta di solidarietà tra noi peccatori, che ci faccia uscire dai diversi nascondimenti, mentalità, atteggiamenti e scelte ipocrite che solo aggravano e non risolvono il problema della povertà; una solidarietà che si trasformi in conversione, in ascolto della verità su noi stessi, lasciandosi illuminare dalla Parola di Dio e dalla sua grazia che sole ci fanno uscire dal nostro egoismo che ci rende miopi ed estranei alle molte e diverse povertà. Specialmente «in questo tempo, in cui il canto di speranza sembra cedere il posto al frastuono delle armi, al grido di tanti innocenti feriti e al silenzio delle innumerevoli vittime delle guerre, rivolgiamo a Dio la nostra invocazione di pace. Siamo poveri di pace e tendiamo le mani per accoglierla come dono prezioso e nello stesso tempo ci impegniamo a ricucirla nel quotidiano» (Messaggio in occasione della VIII GIORNATA MONDIALE DEI POVERI, 17.XI.2024, n. 9).
+ Carlo, vescovo