Nell’Isola di Montecristo, sopra Cala Maestra (una volta Cala del Re) a circa 400 m.slm, ci sono i ruderi dell’antica Abbazia, con la Chiesa quasi intatta. Essi costituiscono il monastero che rese celebre sin dall’antichità l’isola. Porta il nome di S. Mamiliano perchè rimane fondata la persuasione che fu lo stesso santo, insieme ai suoi compagni, a fondarlo. (La grande chiesa è dedicata a Cristo Salvatore). Il Santo da Palermo, dopo aver peregrinato in seguito alle persecuzioni di Genserico, per l’Africa e la Sardegna, si insiedò sull’isola, dopo aver soggiornato per breve tempo all’Elba.La mitica Oglasa di Plinio, Artemisia per gli altri, ai tempi di S. Mamiliano si chiamava Mons Jovis (Monte di Giove) e da allora – V° secolo – tramutò il nome in Mons Christi. Certamente all’epoca del santo il monastero non aveva, nè poteva avere, quella grandiosità che poi assunse, ma la fama della santità della vita che là si conduceva ben presto si parse nelle isole vicine. Si trattava all’inizio, con molta probabilità, di un semplice “cenobio”. Cominciarono poi ad accorrervi persone dalla Corsica e dalla Sardegna e con il trascorrere del tempo iniziarono le donazioni al monastero da parte di re e di privati. Così questo si arrichì e si ingrandì a tal punto da avere possedimenti in Corsica, Sardegna, Elba, Giglio, Pianosa e Piombino.All’inizio del sec. VIII° il convento venne assaltato, preso e distrutto dai pirati musulmani e tutti gli atti e documenti comprovanti i diritti del monastero sui moltissimi beni situati nelle isole vicine andarono dispersi come pure si perdè la memoria del tempo in cui fu costruito ed ampliato.I1 primo Abate di Montecristo di cui si abbia ricordo è Silvegio (anno 902) seguito da una lunga serie, in cui si trovano anche due nativi dell’Elba: l’Abate Antonio (1396) e Don Garzia Franceschi, abate del monastero di S. Michele in Borgo in Pisa, che per consiglio dei Genovesi fortificò l’isola di Montecristo intorno al 1500. Di fatto i monaci hanno sempre governato il monastero anche se esso, come tutta l’isola, passò sotto dominazioni diverse, dai pisani ai genovesi, alla famiglia Appiani e Ludovisi Boncompagni, alla Francia, e dal 1814 al Granducato di Toscana fino all’annessione di questo al Regno d’Italia.Federico De Bellis (1555) fu l’ultimo degli abati che governò il monastero, quando era ancora nella pienezza della sua ricchezza e potenza. Uno degli ultimi monaci/eremiti che visse sull’Isola fu un certo David Lazzaretti, intorno al 1870.La decandenza, cominciò, come per tutti gli altri monasteri, quando si passò dall’economia feudale a quella comunale, con il passare cioè da un’economia statica ad una più dinamica, attiva ed operosa. Vivendo, S. Mamiliano, si diede a vita eremitica. Col tempo, aumentando il numero degli accorsi, si rese necessaria una disciplina, una regola: la regola benedettina fu quella dapprima seguita dai monaci del monastero:silenzio, solitudine, preghiera, operosità, agricoltura per quanto possibile, nell’umile obbedienza. Intorno al 1200 (sotto Papa Onorio III o Gregorio IX, non è ancora ben chiaro) la disciplina religiosa cambiò il monastero… si passò all’obbedienza “Camaldolese”. Ma i monaci di Montecristo si caratterizzarono sempre per una certa indipendenza ed indisciplina, talchè molti sono stati i richiami, anche papali, all’ordine. Gli anni 1833 e 1852 rappresentano due date importanti per l’Abbazia, poichè sono quelli in cui il Prof. Giuli prima e il Dott. Vincenzo Mellini poi, sbarcarono sull’isola e la descrissero in modo mirabile e scientifico, facendo anche una pianta del monastero quale risultò ai loro occhi.Brevemente mi rifarò alla pianta del Dott. Mellini. All’Abbazia si giunge attraverso un viottolo incastrato nel granito (come oggi). La porta principale d’ingresso è posta ad levante ed immette in un vestibolo scoperto che attraverso un’apertura ad arco comunica con un grande giardino contenuto, con tutto il monastero, dentro alte e possenti mura perimetrali. Il giardino sul davanti, verso ponente, ha un muro di sostegno (per reggere il peso della terra riportata), dietro questo vi era uno spazio ristretto (portico) che immette a destra del convento (dormitori che occupano tutto il lato di ponente, senza finestre esterne) e a sinistra, tramite una scala, si va dal giardino nei reflettori e cucine che occupano tutto il lato di mezzogiorno con finestre tipo gotico. Sempre dal giardino, subito dopo il vestibolo d’ingresso, tramite una scaletta, si accede, sulla destra, ad un portico sito tra la Chiesa e una stanza ad uso del giardino. Nella Chiesa, che si trova sul lato di tramontana, occupandone buona parte, si accede tramite una gradinata e, superata la porta d’ingresso, si entra all’interno (residui di questa scalinata sono presenti ancora oggi…). La Chiesa è a forma di T; la prima parte di questo interno doveva essere riservata ai possibili fedeli o pellegrini naviganti, poi un muro divisorio, interrotto al centro, apre al Coro che ha due Cappelle laterali: di queste, quella più interna, ha contigue due sacrestie. In tutta la chiesa, coro e cappelle comprese, sono aperte piccole finestre gotiche.Questa breve e sintetica descrizione spero possa rendere conto a chi legge che trattavasi di un vero e proprio monastero – fortificato.C’è da precisare, per coloro che non lo avessero mai appreso, che l’Isola di Montecristo fa parte del territorio del comune di Portoferraio, è riserva naturale generale di tipo integrale. Ciò rende il comune di Portoferraio particolare perchè l”‘Isola del tesoro” è unica nel suo genere.Ora se è vero che non ci sono denari sufficienti per la salvaguardia del nostro patrimonio culturale e se è anche vero che l’Abbazia in oggetto non è (è proprio ridicola i’affermazione! ) monumento a rischio, poichè è quasi distrutta dal tempo e dagli uomini, è altrettanto vero che giace in stato di quasi completo abbandono eppur rappresenta oltre mille anni di storia! E se non ci sono denari per salvare alcuni monumenti “incombenti” come le Fortezze Medicee (ma un pò ne sono stati trovati…), niente impedisce dal proporre progetti e proposte di recupero dell’antica Abbazia, del Mulino e della Grotta del Santo in Montecristo. I sentieri d’accesso ai luoghi religiosi di Montecristo, ben rimessi in effficienza dal Corpo Forestale dello Stato, sono il primo passo perun lavoro di “recupero e di salvaguardia” che esige passione civica e momoria religiosa della vita.È questo un invito rivolto all’Amministrazione comunale di Portoferraio ma anche alla Diocesi di Massa Marittima-Piombino di cui Montecristo è parte integrante essendo territorio parrocchiale di Marina di Campo. C’è da riconoscere che al tempo di S.E. Mons. Lorenzo Vivaldo, di venerata memoria, nel 1986, furono rivolte pressanti richieste all’allora Ministro dell’Agricoltura – On. Pandolfi – perchè anche il patrimonio artistico/religioso dell’Isola potesse essere in qualche modo restaurato, conservato e difeso al fine di recuperare anche le antiche tradizioni religiose delle popolazioni delle isole vicine, che hanno ancora per S. Mamiliano devozione viva.Ne seguì una “Lettera di intenti” che preludeva ad impegni precisi ed entusiasmanti… ma evidentemente troppa acqua ormai è passata sotto i ponti (compresa quella del violento nubifragio…) e forse ad oggi le cose sono cambiate in peggio..!L’importanza che il nostro Monastero ha avuto nella storia religiosa dell’arcipelago toscano e il legame della devozione comune a tanti luoghi delle nostre isole, esigono un preciso interesse fra Autorità Civili e Religiose del territorio perchè sia salvato e restaurato il salvabile e perchè possa realizzarsi, almeno una o due volte all’anno, una Celebrazione Liturgica in onore del Santo…Sia Mons. Vivaldo che Mons. Comastri visitarono l’Isola. È ancora ben vivo il ricordo di una celebrazione Eucaristica di Mons. Comastri, nella Grotta del Santo, nel luglio del 1991, accompagnato dal Parroco di Marina di Campo e da D. Giorgio Mattera (Abate onorario dal 1986) che, con 1’assistenza del Corpo Forestale, ne organizzò la visita e la possibilità di celebrarvi la S. MessaA cura del Prof: Marcello Camici Doc. Universitario in Pisa